Calo inflazione al 3% dai massimi del 9%, ma il target al 2% comporta per alcuni economisti la necessità di una ulteriore frenata economica.
Grandi rialzi per i mercati europei e statunitensi con attenzione focalizzata su inflazione e tassi di interesse, con molti indici azionari saliti ieri sui massimi di periodo. Il guadagno è stato particolarmente significativo anche per le obbligazioni e per l’oro.
Crescono le borse anche in Asia, con una discesa delle esportazioni cinesi maggiori del previsto, seguita da una disattesa anche sul calo delle importazioni. La banca centrale della Corea del Sud lascia invariati i tassi al 3,5%, per la quarta volta consecutiva dall’ultimo aumento di gennaio, pur prevedendo un valore di inflazione superiore al 2% ancora persistente nel medio periodo.
Salgono l’Hang Seng di Hong Kong, +2,4%, il CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzen, +1,1%, il Nikkei di Tokyo +1,4%. Kospi di Seul +0,9%. BSE Sensex di Mumbai +0,9%.
Tornando agli Stati Uniti, la discesa del carovita riporta in positivo i salari reali e quindi la prospettiva che si eviterà con buone probabilità un hard landing.
Con un Nasdaq che ha chiuso la giornata precedente in rialzo dell’1,1%, l’S&P500 dello 0,7%, i mercati sono tutti grossomodo sui massimi di medio periodo.
Si è parlato molto dell’elevata concentrazione del Nasdaq a seguito delle azioni ad alta capitalizzazione che, in cima all’indice, occupano più del 50% del peso del Nasdaq, con forte rischio concentrazione.
L’indice Nasdaq 100, subirà una significativa riallocazione il 24 luglio e colpirà le azioni ad alta capitalizzazione, tra cui:
Si prevedono quindi forti riallocazioni sugli ETF e fondi che tracciano il seguente indice, con conseguenti vendite dei sottostanti. La notizia è tuttavia già a conoscenza del mercato e si prevede quindi che siano già in atto ribilanciamenti prima ancora dell’entrata in vigore di questa riallocazione da parte dell’indice stesso.
Negli USA, i prezzi hanno frenato ad un +3%, il che rappresenta un calo particolarmente significativo. Tuttavia, non è ben chiaro lo “sforzo” da fare per arrivare al 2% ambito in maniera rigorosa dalla Federal Reserve.
Ulteiore preoccupazione considerare che il calo dal 9% al 3% è dovuto alla discesa dei prezzi dell’energia, e che la stretta monetaria ha avuto un ruolo marginale nell’impresa. Ecco quindi che numerosi economisti sostengono che per avvicinarsi al 2%, <<potrebbe essere necessario un aumento della disoccupazione e un rallentamento della crescita>> (Gregory Daco, EY-Parthenon).
In poche parole, seppur in maniera leggera, tutto porta alla rilevazione di un ulteriore aumento dell’attività economica.