L’Equity Risk Premium è il rendimento aggiuntivo richiesto per comprare azioni: trovandosi ai minimi, studiamo opportunità nell’obbligazionario.
Nel 2023, si registra un Equity Risk Premium ai minimi che non veniva toccato gli inizi del 2000.
L’Equity Risk Premium esprime il rendimento aggiuntivo che gli investitori richiedono per investire in attività che comportano rischi superiori rispetto a un investimento privo di rischi.
Il differenziale di rendimento viene solitamente confrontato tra un comparto azionario ed un comparto obbligazionario, dove l’obbligazionario presenta un rendimento garantito, a patto che vi sia rating creditizio elevato. A tal proposito, il comparto obbligazionario utilizzato è spesso quello dei Treasuries americani con scadenza a 10 anni, confrontati spesso con l’azionario americano.
Vediamo se l’ERP può essere interessante per la determinazione della composizione di portafoglio, in particolare comparto azionario vs obbligazionario, analizzandone anche eventuali criticità.
La formula che esprime la determinazione dell’ERP è la seguente:
Il Risk-Free Rate è il rendimento che si ottiene da un investimento senza rischio, ad esempio delle obbligazioni con alto rating creditizio, come menzionato precedentemente.
Sappiamo che i Treasuries sono obbligazioni con rendimento fisso mentre i TIPS sono obbligazioni con rendimento legato all’inflazione. Appurato che il rating creditizio è il medesimo, trattandosi dello stesso emittente (Stati Uniti), cosa conviene utilizzare?
Quando si calcola il tasso privo di rischio, ci sono due tipi principali di obbligazioni che vengono considerate: titoli nominali e titoli indicizzati all’inflazione.
Utilizzando i Treasuries si ottiene un equity risk premium inferiore rispetto a quelli indicizzati all’inflazione, perché il rendimento indicizzato all’inflazione è un rendimento reale.
Le prime due ipotesi fanno supporre che il pricing attuale di questi due asset sarebbe giustificato nel caso di una crescita importante degli utili nel corso dei prossimi anni, mentre l’ultima ipotesi può essere la segnalazione di un’opportunità all’interno del mercato obbligazionario.
Insomma, non solo rialzo dei tassi, è probabile che il mercato si attenda una crescita rapida degli utili nel corso dei prossimi anni che possa giustificare i prezzi attuali e per questo l’obbligazionario è penalizzato.
L’ERP in generale può rimanere basso per molto tempo, ma in questo caso, essendo interessati all’acquisto di obbligazioni, occupiamoci della componente “risk-free rate” e vediamo nel contesto macroeconomico come possa evolversi nel tempo.
Il picco dell’obiettivo del tasso dei fondi della Fed potrebbe differire dal picco dei Treasuries e potrebbe essere raggiunto prima il picco dei tassi che dei rendimenti stessi.
Nel primo trimestre del 2023, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha preso in prestito 657 miliardi di dollari di debito, ovvero Titoli del Tesoro.
Una massiccia offerta di nuovi titoli del Tesoro di un trilione di dollari continuerà ad affluire sul mercato nei prossimi mesi, con un aumento storico dell’offerta di buoni del Tesoro, il che a sua volta potrebbe abbassarne il prezzo e far salire i rendimenti.
Ciò che è certo è che i rendimenti elevati comprimono ancora di più l’ERP e quindi, se si dispone della liquidità necessaria, esporsi gradualmente sulle obbligazioni potrebbe avere sicuramente senso perché ne aumenta ulteriormente il vantaggio statistico, anche in via delle considerazioni successive.
L’opportunità generazionale sull’acquisto di Treasuries è molto interessante in quanto è visibile sia nei T-Bills che nei Notes.
Insomma, a seconda di come si sviluppa l’inflazione, potremmo non vedere più rendimenti come questi per un lasso di tempo molto esteso nella nostra carriera di investitori, esporsi gradualmente potrebbe quindi rappresentare una scelta interessante.