Quando si parla di Mercati emergenti e di nuova Moneta BRICS, la domanda che si fanno in molti è la seguente: riusciranno a superare l’economia dei paesi del G7?
Ultimo aggiornamento al 12/01/2024.
Storicamente, i mercati emergenti, tornano in voga come tematica di investimento con una determinata ciclicità che si ripropone nel corso degli anni, ma, alla luce di quanto vedremo, potrebbero meritare un’analisi molto più profonda e a lungo termine.
Se infatti fino a poco tempo fa, gli emergenti potevano rappresentare un comparto in cui cercare principalmente de correlazione rispetto all’azionario dei paesi sviluppati, nell’ultimo periodo, è lecito chiedersi se i mercati emergenti siano destinati a sovra performare anche nel lungo termine, portando ad un vero e proprio ribilanciamento negli indici mondiali pesati per capitalizzazione, a seguito di numerosi cambiamenti geopolitici, tra cui paesi sviluppati con frenata economica e paesi BRICS che si muovono verso accordi comuni per poter emergere ed attirare ulteriori economie emergenti.
Tra le prime 18 aziende al mondo per capitalizzazione, la maggior parte sono statunitensi. Risulta abbastanza visibile che potenza politica ed economica viaggiano di pari passo ed i futuri attori a livello di potenza politica potrebbero corrispondere molto probabilmente anche ai più rilevanti come potenze economiche e viceversa.
Purtroppo, siamo attualmente influenzati dal fatto che le performance dei paesi emergenti non sono state particolarmente interessanti negli ultimi 13 anni, ma si sono verificati anche casi contrari in cui c’è stata una forte crescita, come è stato dal 2000 al 2009.
Non è un mistero che in questo momento le valutazioni del mercato azionario americano siano molto alte e quelle dei paesi emergenti sono molto più basse. Ciò ovviamente non significa che lo scenario possa evolvere favorevolmente per i paesi emergenti nel breve periodo, perché le valutazioni degli emergenti sono basse da 15 anni e se sono basse è perché c’è un rischio politico associato.
Allo stesso tempo però, qualcuno inizia a porsi domande rispetto al decadimento economico dell’occidente per via di prospettive finanziarie non proprio rosee.
Ray Dalio individua due ciclicità del debito, di cui una a breve termine ed una a lungo termine e sembra che i paesi sviluppati stiano attraversando la fase finale di un ciclo del debito. In sintesi, paesi sviluppati, con un elevato debito pubblico che stampano denaro che difficilmente riescono a stimolare l’economia e che internamente hanno dei grossi conflitti e fazioni.
Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (rispondenti al nome di “blocco BRICS”), si propongono come nuova alternativa all’occidente sviluppato, con l’Arabia saudita che rappresenta l’attore più di rilievo attualmente interessato a parteciparvi.
Il cambiamento geopolitico mette in guardia il G7 che, nel prossimo incontro, ha invitato anche India, Brasile, Unione africana, Vietnam, Indonesia e Corea del sud come osservatori.
Africa, Sud America, sud est asiatico tra cui Indonesia e Vietnam, hanno forti ragioni politiche che li rendono particolarmente interessati verso il blocco dei paesi BRICS rispetto a quello del G7.
I temi sono molto vasti, dall’energia allo sviluppo sociale. Il capitale principale all’interno della banca è per la maggioranza stato versato dai paesi fondatori, ma iniziano lentamente a parteciparvi altri paesi in ingresso, come ad esempio gli Emirati Arabi Uniti, con un capitale versato pari all’1%.
Numerosi paesi tra cui Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto, Algeria, Argentina, Messico, Nigeria, non hanno soltanto simpatizzato, bensì hanno esplicitamente fatto richiesta di entrare all’interno del blocco Bricks, con conseguente necessità di avere una quota di partecipazione nella banca di sviluppo creata dai fondatori del blocco.
Una cosa è certa: anche nella più assurda delle ipotesi, motivazioni culturali ed economiche non permetteranno mai a paesi come Germania e Francia di aderire al blocco BRICS a discapito degli Stati Uniti, quindi la polarizzazione BRICS contro G7 sembra essere più forte che mai.
Occorre osservare che le economie all’interno dei Bricks sono molto diverse e stanno crescendo con ritmi altrettanto diversi.
Dall’inizio del conflitto Russia Ucraina, i paesi BRICS hanno preso le distanze dal blocco occidentale e India, Brasile, Sudafrica e Cina non hanno preso parte alle sanzioni.
Gli scambi tra L’india e la Russia o la dipendenza del Brasile dalla Russia, dai fertilizzanti prodotti in Russia, è ai massimi di sempre e, l’avvento di una nuova valuta pensata per contrastare il dollaro, potrebbe mettere in ulteriore difficoltà il dollaro ed i paesi sviluppati.
I BRICS starebbero lavorando su una nuova valuta proprio con l’obiettivo ridurre la propria esposizione alle classiche valute forti dei paesi occidentali, come il dollaro, favoriti da numerose attività economiche:
Il 22 agosto 2023, si è tenuta una riunione in Sudafrica, a Johannesburg. I paesi interessati sono ovviamente Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, che ricordiamo essere economie emergenti in rapida ascesa, ricche di risorse naturali e strategiche e, in quanto tali, chiedono collaborazione ad altri paesi della stessa natura.
Voci di corridoio sembrano aver dato un nome alla moneta, che risponderebbe al nome di R5, in assonanza con le singole valute del blocco BRICS: real, rublo, rupia, renminbi e rand.
A proposito della Nuova Banca per lo Sviluppo NDB, si è discusso di come aumentare la raccolta di fondi e di prestiti e, secondo il ministro delle finanze del Sud Africa Enoch Godongwana, adottare la valuta locale potrebbe facilitare l’operazione mitigando il rischio cambio.
Con l’espansione del gruppo “BRICS plus” e l’inclusione di cinque nuovi Paesi (Etiopia, Egitto, Iran, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti), si potrebbero verificare cambiamenti significativi negli equilibri economici e geopolitici a livello globale.
Inizialmente, l’Argentina era prevista come parte dei BRICS+, ma il 30 dicembre scorso, il nuovo presidente Javier Milei ha dichiarato il ritiro del paese dal gruppo.
L’Argentina è infatti attualmente coinvolta in negoziati con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) per definire le condizioni di restituzione di un debito di circa 45 miliardi di dollari. Il presidente argentino ritiene che evitare l’adesione ai BRICS+ possa consolidare i legami con gli Stati Uniti, uno dei principali finanziatori del FMI, essenziale per affrontare la severa crisi economica che colpisce il paese.
Secondo la Banca Mondiale, i BRICS+ costituiscono il 45,6% della popolazione globale e il 28,6% del PIL. Questi Paesi, tra cui Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Iran, sono anche rilevanti potenze energetiche e petrolifere.
Si comprende quindi che, l’aggiunta di ulteriori paesi, espande un contesto internazionale multipolare con notevoli impatti economici.
Questo scenario si riflette chiaramente anche nelle crescenti tensioni nel Mar Rosso, con impatti rilevanti sul transito di materie prime e sull’approvvigionamento energetico, in quanto le fonti energetiche e gli interessi geopolitici sono ora strettamente intrecciati, specialmente con l’ingresso degli Emirati Arabi Uniti, dell’Arabia Saudita e dell’Iran nei BRICS+.
Abbiamo quindi approfondito come le economie del G7 stiano riducendosi in termini di peso, se confrontate con il prodotto interno lordo mondiale e, al contrario, stiano crescendo in modo decisivo le economie dei paesi emergenti, anche detti BRICS, ma, prima di prendere esposizione, sono doverose alcune osservazioni.
L’indice per eccellenza, quando si tratta di tracciare i mercati emergenti è il MSCI Emerging Markets e, gran parte degli ETF (gestione passiva) e dei fondi (gestione attiva), utilizzano questo benchmark come riferimento alla propria performance.
Sono infatti numerosi i prodotti a replica passiva che consentono di replicare con bassi costi di gestione i mercati in via di sviluppo, tra cui Amundi Msci Emerging Ucits Etf – Eur (LU1681045370).
Non vi è una risposta diretta sul preferire un ETF che replica completamente l’indice o un fondo che seleziona attivamente i titoli ed i paesi. Sicuramente, sulla gestione attiva le commissioni sono più alte ma la selezione dei titoli potrebbe premiare.
Allo stesso modo però, non sempre acquistare attivamente titoli e paesi più allettanti porta a sovra performare, in quanto delle valutazioni “larghe” (e che quindi attraggono gli investitori ed i gestori di fondi), possono aumentare i multipli a dismisura e diminuire i rendimenti attesi futuri.
Ciò che è sicuramente doveroso dire è che investire in un indice diversificato con numerosi paesi è molto più sicuro di acquistare azioni singole o ETF di paesi singoli, a seguito principalmente di rischio geopolitico.
Ci sono alcuni paesi come la Cina o L’India che tuttavia hanno dei pesi molto elevati anche nel caso di acquisto di indici diversificati e quindi il rischio specifico per quel determinato paese si fa sentire, anche se ben diversificato.
L’elevata capitalizzazione di alcuni paesi emergenti porta anche alla nascita di prodotti e di allocazioni “stand-alone“, dove alcuni paesi sono visti molto allettanti a livello di esposizione a prescindere dal contesto del paese stesso. (Non è quindi raro vedere inserire in portafoglio un ETF su MSCI Emerging Markets unito ad un altro su MSCI China, pur di fatto presentando una certa ridondanza per via dell’elevata presenza di titoli cinesi anche nel MSCI Emerging Markets).
Ricordiamo infine che, la maggior parte dei prodotti, anche quotati in euro, sono costruiti su un indice quotato in dollari, con relativa esposizione al cambio euro dollaro, comunque sicuramente meno rischiosa dell’esposizione a valuta emergente.
L’espansione dei BRICS+ potrebbe avere un impatto significativo sugli equilibri regionali. Nel contesto cinese, l’adesione ai BRICS+ potrebbe fornire un canale per rafforzare l’influenza della Cina sul continente africano e consolidare il suo ruolo come guida delle economie emergenti, contrapponendosi sempre più agli Stati Uniti. La Russia, a sua volta, vede nei BRICS+ un sostegno essenziale contro il blocco occidentale, specialmente considerando le sanzioni economiche legate alla sua partecipazione alla guerra in Ucraina. Il presidente russo Putin ha annunciato l’interesse di oltre 30 Stati aderire al gruppo, indicando la possibilità di un ulteriore allargamento del suo raggio di influenza.
Ovviamente, si ricorda che:
Non abbiamo inoltre considerato il comparto obbligazionario dei paesi emergenti e le relative politiche monetarie, spesso opposte ai paesi sviluppati, sul movimento dei tassi di interesse. Sicuramente gli emergenti sono molto interessanti per il flusso cedolare che è molto elevato, ma il rischio insolvenza ed eventuali esposizioni a valuta locale possono aumentare rischi specifici.
Insomma, sull’obbligazionario emergente, meglio puntare a titoli emessi in valuta forte e con duration basse ed incassare cedole, piuttosto di preferire scadenze lunghe e cercare di beneficiare da eventuali tagli dei tassi come con i paesi sviluppati, in quanto gli emergenti hanno politiche monetarie spesso drastiche e poco prevedibili e le scadenze lunghe, unite a basso rating creditizio, aumentano di molto il rischio di insolvenza.