Mercati Europei e Banca BCE: Punto della Situazione

L’inflazione in Europa, in particolare in Italia, è in deciso calo per il mese di giugno e si attesta al 6,4%, rispetto all’11,8% registrato ad ottobre 2022.

Allo stesso tempo, notiamo che non tutte le nazioni europee si muovono in modo uguale nella loro traiettoria di contenimento dell’inflazione.

  • La Spagna è già al di sotto del 2% ma, ovviamente, la BCE. deve impostare una politica monetaria uguale per tutti i paesi dell’area euro ma all’interno dell’area euro, ci sono poi politiche economiche differenti.
  • La Francia si trova in una condizione intermedia al 4,5%
  • La Germania ha un andamento dell’inflazione molto meno lineare nel suo calo. E infatti dopo una rilevazione molto positiva per il mese di maggio, non ha visto un proseguire del trend di calo nel mese di giugno. E questo è un tema importante perché la Germania, oltre ad essere la prima economia d’Europa, vale due volte più o meno l’economia Italiana.

Christine Lagarde ovviamente dovrà gestire tutti questi interlocutori che stanno vivendo condizioni inflattive differenti, considerando che, a livello medio, l’inflazione dell’area euro si attesta al 5,5% e questa è quella che viene chiamata headline inflation, ovvero l’inflazione omnicomprensiva di tutti i panieri.

L’inflazione core ha invece continuato a salire nonostante il picco della headline inflation toccato ad ottobre ed ha iniziato a calare solo recentemente, con anche un andamento che ha visto delle interruzioni in questo calo l’inflazione core.

L’inflazione core è di tipo strutturale ed è solitamente maggiormente influenzante sulle politiche monetarie perché permette di vedere meglio la linea tendenziale di evoluzione dell’inflazione, eliminando fenomeni di volatilità di breve e medio periodo che invece si possono vedere con la headline inflation (per colpa della volatilità degli alimentari e dei prezzi dell’energia).

L’Italia cresce, ma il potere d’acquisto delle famiglie diminuisce.

Banca d’italia prevede crescita zero nel secondo trimestre e forte frenata dell’inflazione solo dal 2024.

  • La fine del 2022 è stata contraddistinta da grandi paure relativamente all’aumento dei prezzi dell’energia e relative speculazioni, per poi risolvere in maniera abbastanza serena mediante un cambiamento di politiche sulle forniture.
  • Pur essendo tornato l’ottimismo il primo trimestre dell’anno che ha visto una discreta crescita economica per l’Italia del primo trimestre ed è anche stata superiore a quella di altre zone dell’area euro, in primavera il PIL, è rimasto pressoché invariato.
  • La crescita per l’anno resta comunque prevista per l’1,3%, mentre nel 2024 e nel 2025 viene stimata a 0,9%.

Cause della frenata

A causare la frenata sono state la contrazione della manifattura e i ritmi più contenuti dei consumi. Finanziare l’acquisto di un immobile è inoltre molto più costoso per colpa del costo del denaro aumentato. I servizi reggono decisamente meglio rispetto alla manifattura che è in profondo calo.

Si ripete spesso per la “soluzione” ai prezzi alti, sono i prezzi alti, ma a fronte di stipendi che rimangono uguali. Vuol dire che il potere d’acquisto delle famiglie si riduce spiacevolmente. Questo si porta dietro un calo dei salari in termini reali, cioè al netto dell’inflazione e l’Italia è la peggiore in area OCSE (7,5% al termine del 2022)

Il PMI Purchasing Manager Index, ovvero l’indicatore dei direttori acquisti, misura gli acquisti effettuati dalle aziende di materie prime, ovvero quello che è necessario all’azienda per produrre i beni e servizi. Se l’indice cala, è ovvio che ci si aspetta contrazione economica a breve termine.

  • Per quanto riguarda i paesi limitrofi, la Germania ha un livello non particolarmente elevato di rallentamento economico, e l’economia resiste anche qui grazie ad i servizi.
  • La Francia paga l’avere inflazione più bassa con un deterioramento ulteriore del PMI, segno che le contrazioni economiche, come detto prima, viaggiano similmente ai cali inflazionistici.

Tassi ancora infuocati per Federal Reserve e BCE

Negli stati uniti i consumi hanno retto, nonostante tassi di interesse che sfiorano il 5%. Il rischio per le banche centrali è che, se riducessero i tassi di interesse subito, potrebbe comunque persistere un’inflazione a questi livelli.

Discorso analogo anche in zona euro e quindi, ormai, dovremmo esserci rassegnati che per luglio è previsto un altro rialzo dello 0,25%, con potenziale ulteriore aumento anche a settembre.

Articolo consigliato: obbligazioni-a-lunga-scadenza-e-futuro-ribasso-dei-tassi

  • Il rischio che corre la BCE e che corrono tutte le banche centrali in questa fase è quello di aver aumentato i tassi troppo in ritardo e quindi di aumentarli troppo velocemente adesso.
  • In questa fase, l’aumento ulteriore dei tassi di interesse non viene attuato per frenare una fase di espansione economica, ma verrebbe effettuato durante un periodo di già evidente debolezza quando le imprese sono più vulnerabili e maggiormente dipendenti dal credito bancario.
  • L’aumento dei tassi di interesse, oltre a scoraggiare il credito al consumo deteriora anche il credito per effettuare investimenti e si verifica un effetto dirompente sul merito creditizio delle aziende. Questo è un altro tema importantissimo, perché dopo un decennio di tassi a zero, un aumento così improvviso dei tassi di interesse mette a forte rischio di insolvenza chi si trovava in condizioni precarie.

Zombie companies, consumatori e sostenibilità del credito.

Alcune aziende anche dette zombie company, società che potevano reggere un debito importante con i tassi erano bassi, adesso hanno grosse difficoltà a ri-negoziare i finanziamenti. Come abbiamo ribadito, le banche, per ridurre il rischio insolvenza, devono restringere ulteriormente l’accesso al credito, alimentando un circolo vizioso di credit crunch (stretta creditizia) e fallimenti di imprese.

Nel credito al consumo e quindi debito contratto da famiglie, si parla spesso della surroga, tecnicamente fattibile se si possiede un mutuo da rinegoziare, ma in queste condizioni c’è un tema di maggiore prudenza nei criteri di erogazione del credito da parte delle banche e anche qui si può innescare un meccanismo vizioso di stretta creditizia.

Svariati economisti sostengono che la strategia di rincorrere l’inflazione in circostanze eccezionali come quella che stiamo vivendo oggi, può produrre degli effetti non lineari, quindi con una forte componente di imprevedibilità o di deterioramento che si manifesta non in modo prevedibile, bensì in modo veramente esponenziale e quindi velocissimo, che rischiano di innescare una recessione senza che ve ne sia un motivo razionale, in particolare in Eurozona.