Imposta di Bollo su Prodotti finanziari: Come funziona e Come ridurla

L’Imposta di Bollo su Prodotti finanziari è un imposta che ammonta allo 0,20% del controvalore totale del nostro portafoglio investito, approfondiamo come gestire al meglio gli investimenti per ridurla.

Sebbene possa sembrare poco impattante, in particolari situazioni, è una spesa che può risultare particolarmente impattante, soprattutto se vi sono in portafoglio particolari strumenti finanziari che non offrono un rendimento particolarmente interessante.

In un certo senso, un prelievo forzoso pari allo 0,20% annuo, è come avere delle commissioni di gestione aggiuntive sul proprio portafoglio.

Imposta di bollo prodotti finanziari: si applica su broker esteri?

Cominciamo col dire che esistono due tipi di broker quando ci si occupa di trattamento fiscale:

  • Broker sostituto d’imposta (amministrato)
  • Broker in regime dichiarativo

La maggior parte dei broker non esteri operano in regime amministrato e quindi provvedono ad adempiere loro stessi agli oneri fiscali previsti dalla legge italiana.

I broker in regime dichiarativo lasciano a noi la responsabilità di pagare quanto dovuto, mediante una dichiarazione, appunto.

Mentre possa sembrare che questa imposta non venga applicata su broker esteri, è necessario invece versare l’Ivafe. L’ivafe, da definizione proposta dall’agenzie delle entrate, è l’Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie all’Estero che grava sulle persone fisiche residenti in Italia che detengono prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio, presso intermediari esteri e si applica in misura proporzionale del 2 per mille annuo del valore delle attività finanziarie stesse. 

Possedere quindi broker esteri non mette al riparo da adempimenti fiscali in quanto, fin quando si è residenti in italia, si è soggetti agli adempimenti fiscali presenti sul territorio italiano.

Avendo compreso che non è possibile non pagare (o pagare di meno), salvo compiere atti illegali, le uniche soluzioni sono due:

  • Utilizzare strumenti che non sono soggetti a questo tipo di tassazione. (Ad oggi, gli unici strumenti non soggetti a tassazione, risultano essere i CFD).
  • Ridurre il controvalore del portafoglio, mantenendo comunque la stessa esposizione al mercato (sembra un controsenso, ma successivamente vedremo come).

Utilizzare i CFD

L’utilizzo di CFD è spesso sconsigliato per operazioni di lungo termine ed in generale, ricordiamo che è richiesto un profilo di rischio molto alto. Tuttavia, se si controllano attentamente l’assenza di costi overnight e si utilizza il 100% del proprio margine (senza leva e quindi senza costi di finanziamento), le operazioni di medio/breve termine risultano molto più efficienti dal punto di vista fiscale.

Utilizzare CFD nella propria strategia di investimento dovrebbe essere fatto solo in maniera marginale, tuttavia, se si intende cavalcare un trend di breve periodo, una posizione ridotta in portafoglio costruita tramite CFD, risulta essere più efficiente fiscalmente rispetto ad una costruita tramite ETF, poiché non soggetta a imposta di bollo. Inoltre, eventuali plusvalenze, sono compensabili con minusvalenze presenti nello zainetto fiscale, cosa non possibile con gli ETF.

Ridurre il controvalore del portafoglio

Sembra un controsenso ma ridurre il controvalore del proprio portafoglio non significa necessariamente ridurre le proprie possibilità di guadagno. Si possono semplicemente spostare i propri capitali in strumenti finanziari con rendimento atteso maggiore (a patto di essere in linea con il proprio profilo di rischio), ottenendo in portafoglio più liquidità e potendo quindi intervenire in maniera più serena in eventuali situazioni di ribasso.

Vediamo quindi alcune strategie per ottenere tale risultato:

Incrementare la data di scadenza media del proprio comparto obbligazionario.

Ad oggi, i tassi di interesse hanno subito incrementi significativi e molti investitori stanno acquistando obbligazioni con la speranza di beneficiare di un apprezzamento di quest’ultime in caso di un eventuale taglio dei tassi. Tuttavia, il dibattito è molto acceso sulla duration ideale da acquistare e molti investitori preferiscono acquistare un controvalore maggiore di obbligazioni con una duration più breve e sicura, anziché investire un importo decisamente più piccolo in obbligazioni con una scadenza molto più lunga.

Finire la propria liquidità acquistando obbligazioni di medio breve scadenza, potrebbe non essere la scelta migliore. Non vi è garanzia di un eventuale taglio dei tassi a breve e potreste rimanere ugualmente intrappolati con strumenti moderatamente sensibili ai tassi ma con un prezzo di carico comunque più problematico da gestire.

Se la percezione di cedole non è il vostro obiettivo, meglio investire un importo molto più piccolo in un prodotto con una duration più elevata, a patto ovviamente di selezionare titoli il cui emittente abbia un rating creditizio elevato.

ETF a leva nelle operazioni di breve termine (per profili di rischio elevati, anche nel medio termine)

Gli ETF a leva hanno generalmente delle commissioni di gestione molto più alte di un ETF normale. Tuttavia, un ETF a leva due, a parità di un importo investito di 1000 euro, genera una esposizione “simile” pari a 2mila euro, con un imposta di bollo comunque calcolata sui 1000 investiti.

Ovviamente l’esposizione non viene garantita dal documento KID. Questo perché l’esposizione doppia è calcolata moltiplicando 1000 per il doppio del rendimento giornaliero e non moltiplicando 2000 per il rendimento giornaliero nominale.

Quando la leva è bassa (leva 2 è ancora considerabile bassa per non avvertire il fenomeno) non si avvertono differenze tra un investimento “raddoppiato prendendo soldi in prestito” ed un investimento “raddoppiato moltiplicando il ritorno giornaliero”, tuttavia, se il mercato diventa fortemente direzionale il prodotto guadagna lievemente più del doppio o perde lievemente più del doppio. Tuttavia, il caso più fastidioso è quello in cui è presente un mercato molto volatile e laterale, dove il prezzo della quota inizia a degradare.

Tuttavia, se acquistati in maniera strategica dopo una correzione od un periodo negativo, l’effetto menzionato (denominato volatilità implicita) premia in maniera molto positiva un successivo trend positivo ed i costi di gestione giustificano la natura del prodotto. Tralaltro, alcuni dei prodotti riguardanti commodities, ad esempio, utilizzano un sistema di finanziamento basato su Futures e non su margine, un ulteriore vantaggio in termini di costi di finanziamento, pur introducendo il rischio derivante dal rolling dei futures.

Ancora una volta, la liquidità “risparmiata” (operando a leva servono meno soldi per l’operazione) non viene colpita dall’imposta di bollo ed anzi può essere tenuta da parte per operazioni successive o, per i più impavidi, essere messa a reddito in strumenti chiaramente più sicuri.

Dobbiamo ribadire che utilizzare ETF a leva per periodi di medio/lungo termine non è approvato nel documento contenente le informazioni chiave (KID) proprio per la volatilità implicita e che, non esistendo un periodo di detenzione raccomandato, l’investitore si assume a proprio rischio la possibilità nel medio lungo termine che la leva effettiva sia diversa da quella restituita in maniera giornaliera ed un eventuale deprezzamento della quota in caso di forte volatilità e lateralizzazione.

Con qualche backtest e prediligendo strumenti con leva bassa (non superiore a 2), si può comunque valutare in maniera abbastanza prevedibile eventuali scostamenti futuri.

Certificati a leva

Anche i Certificati a Leva sono una possibile opzione, ricordandosi di prestare attenzione ai leva fissa per periodi di detenzione elevati al fine di non cadere nel compounding effect.

Occorre anche ricordare di usare strumenti la cui leva è fornita dalla natura opzionaria dello strumento o con futures, in quanto gli strumenti costruiti internamente con margine e relativo tasso di finanziamento sono molto svantaggiosi per il lungo termine, in particolare se i tassi di interesse sono alti.