Minusvalenze ETF: perché sono un problema

In questo articolo faremo delle considerazioni pratiche su minusvalenze ETF e fondi e sulla loro scarsa efficienza fiscale, approfondendo tecniche di recupero per quelle presenti nello zainetto fiscale.

Dopo aver parlato di Minusvalenze e Compensazione Minusvalenze, ci addentriamo verso delle considerazioni più pratiche che potrebbero essere utili a chi attualmente non ha consolidato vendite in perdita, ma che potrebbe incappare in futuro in difficoltà a fare pianificazione/efficienza fiscale.

Nella legislazione italiana, la vendita in guadagno di Fondi ed ETF, non consente di recuperare le minusvalenze presenti nello zainetto fiscale.

  • Un investitore orientato all’acquisto di fondi, è spesso supportato da un promotore finanziario che, pur potendo essere in potenziale conflitto di interessi, monitora la clientela in caso di minusvalenze generate da vendita in perdita, pur essendoci già difficoltà a sottoscrivere prodotti fiscalmente efficienti per rimediare.
  • Chi si muove più autonomamente e magari verso gli ETF, può destreggiarsi in numerosi prodotti tematici e cavalcare molti più trend, spesso a commissioni di gestione decisamente inferiori. Tuttavia, pur avendo elevata flessibilità rispetto ai fondi, il problema resta sempre lo stesso: nessun recupero di minusvalenze.

Se si opera autonomamente, rendersi conto in ritardo di questa difficoltà può essere particolarmente fastidioso, in particolare quando si scopre di avere numerosi prodotti tematici che sono andati particolarmente bene, i cui guadagni non possono essere compensati con le perdite di altri prodotti andati male, sprecando quindi le minusvalenze accantonate.

Legislazione italiana e principio della tutela dei risparmiatori

Ad oggi, SICAV ed OICR (tra i quali rientrano Fondi ed ETF), non sono in grado di compensare le minusvalenze in quanto, quanto guadagnato, è considerato reddito da capitale.

Non vi è un vero motivo per quale i redditi da capitale non possano essere compensati, ma dall’esistenza di questa peculiarità sono nati prodotti con meccanismi particolarmente “particolari” per poter essere considerati come “redditi diversi” e quindi compensabili. I Certificates fanno parte di questa offerta di prodotti.

Purtroppo, la maggior parte degli strumenti che consentono di recuperare le minusvalenze, sono più complessi rispetto ai prodotti stessi, detenuti precedentemente, che hanno generato la minus.

L’investitore è quindi costretto a muoversi verso rischi specifici sempre maggiori, tra i quali:

  • Scarsa diversificazione in caso di acquisto di singoli titoli azionari
  • Scarsa comprensione di prodotti finanziari complessi come i certificates
  • Rischio emittente esponendosi a prodotti finanziari che non rispondono alle stesse tutele SICAV/OICR
  • Compravendita di titoli in maniera compulsiva e poco razionale cercando di recuperare il prima possibile (facendo spesso di peggio)

Tutto ciò non tutela i risparmiatori in quanto porta a caricarsi di rischi sempre maggiori per fare una semplice operazione che dovrebbe essere la base della tutela del risparmio, ovvero compensare i guadagni con le perdite.

Come già accennato, si introducono poi rischi spesso sottovalutati ma che per patrimoni elevati e/o scarsa diversificazione possono fare la differenza, quali ad esempio il rischio emittente, presente in tutti i prodotti che non sono SICAV/OICR, tra i quali Certificates, ETN, ETP, ETC eccetera (Lista non esaustiva di tutti i Titoli classificati PRIIPS dalla normativa MiFID II e/o Emittente e strumento finanziario assoggettabili al Bail–in).

Dato che occorre quindi evitare di concentrare troppo il portafoglio su un singolo emittente, si introduce quindi anche l’importanza della diversificazione per emittente. Un altro incubo per il risparmiatore, insomma.

Le banche hanno interesse alla scarsa compensabilità delle Minus?

Sappiamo che gli ETF non sono ben visti da chi propone Fondi. Tuttavia, nessuno dei due prodotti è fiscalmente efficiente per cui, ad oggi, nessuno può dirsi vincitore in termini di efficienza fiscale.

Una banca può proporre Certificates, che vengono spesso usati per recuperare minus, ma, allo stesso tempo, una casa di investimento può proporre ETC/ETN/ETP, inclusi quelli con Sottostante Crypto che rientrano anche loro nei redditi diversi e quindi possono compensare. Anche qui, le strade percorribili possono essere abbastanza simili.

Chi ha sicuramente interesse, è il fisco italiano in quanto, avere un meccanismo che agevola la realizzazione di perdite ma non agevola la compensazione fiscale, incrementa sensibilmente il gettito fiscale. Se poi vogliamo aggiungere che, passati 4 anni dalla vendita in perdita, le minus scadono, ecco che per molti diventa difficile poterle recuperare, soprattutto se abbastanza consistenti.

Molti promotori finanziari non ne parlano

Numerosi promotori finanziari, specialmente coloro che non fanno consulenza indipendente, non si addentrano nel recupero di minus generate da una SICAV o da un investimento venduto in perdita in quanto sono spesso a conoscenza che il tentativo di recuperarle da parte della clientela è spesso compulsivo e controproducente.

  • Non di rado, la clientela richiede lo sblocco di ulteriori mercati tra cui derivati e CFD che possono essere molto allettanti data l’efficienza fiscale ma che, molto spesso, generano ulteriori perdite a seguito di scarsa esperienza.
  • Il promotore di una banca non ha alcun interesse a far sottoscrivere ETC/ETN/ETP in quanto non retrocedono nessuna commissione alla banca collocatrice. Tra l’altro, per poter recuperare delle perdite consistenti, è necessario investire una buona parte di patrimonio in suddetti strumenti, ciò sottrae massa gestita al promotore stesso o, per lo meno, alla parte di investimenti che frutta maggiormente alla banca (i fondi, appunto).
  • In alcuni casi, si tollera maggiormente una clientela autonoma che si addentra nel cosiddetto “borsino”, negoziando titoli spesso “nostrani” e caratterizzati da ciclicità (magari anche con la leva), piuttosto che tollerare movimenti considerevoli di massa gestita verso strumenti fiscalmente più efficienti che non retrocedono però commissioni alla banca.

L’importo da recuperare fa la differenza

In termini assoluti non ha particolarmente senso parlare di cifre, sicuramente è più doveroso parlare di percentuali.

Ammettiamo di avere un portafoglio di 100mila euro e di voler allocare 10mila euro in un paniere di Certificati a Capitale 100% Protetto, ottenendo una performance del 3,75% annuo.

Le minus, come già detto, scadono nel giro di 4 anni percui, la massima quantità recuperabile va calcolata in tale periodo:

Cifra allocata% AnnuoRecupero annuoRecupero 4 anni
100003,753751500
Capacità di recupero minusvalenze su orizzonte temporale di 4 anni.

Come è possibile notare, senza eseguire particolari stravolgimenti di portafoglio, la perdita recuperabile si avvicina all’1,5% di un draw-down teorico dell’intero portafoglio. Insomma, una vendita in perdita a seguito di elevata emotività, potrebbe costare caro. Il discorso non muta poi cosi tanto anche se la perdita deriva da un ridotto investimento settoriale andato particolarmente male, anzi: se per un tiro andato a segno ne abbiamo un altro che va male, unito al fatto che è difficile compensare i due eventi, forse estremizzare la settorialità non vale poi cosi tanto la pena.

In maniera abbastanza empirica, possiamo dire che, per minus superiori al 5% dell’intero portafoglio, a meno che non si va ad utilizzare stratagemmi particolari per ritardare la scadenza delle minus (come comprare un certificato maxicedola che stacca una cedola elevata, deprezzandosi dello stesso importo, rivendendo nuovamente in perdita ma stavolta con data realizzata più recente), l’unica soluzione è riallocare una parte superiore del portafoglio in strumenti semplici ma efficienti che non fanno altro che seguire il mercato come gli ETF che abbiamo appena venduto (certificate tracker, ETP/ETC/ETN a patto che siano senza leva).

Insomma, non è uno scherzo con importi grandi e se si deve smobilizzare il portafoglio in periodi brillanti e “verdi” (con conseguente pagamento di tasse) per poi rischiare di acquistare durante un rintracciamento, non è molto facile mettere da parte l’emotività.

Sicuramente poi la complessità ed il rischio emittente non aiutano ed una volta venduto e recuperato le perdite, bisogna essere consci del fatto che acquistando ad un prezzo di carico superiore, il rosso sul portafoglio, anche se temporaneo, sarà quasi assicurato.

Nel dubbio, la consulenza con persone abilitate ad esercitare la professione, resta la scelta migliore.